Quando conquistammo l’America
Diario in differita delle nostre (dis)avventure a San Diego
Nel freddo dell’inverno 2014 ci balzano alla memoria i ricordi del sole della California.
Era il 2007 e, per quanto avessimo alle spalle dei lunghi trascorsi da espositori nelle varie fiere e mostre-mercato sul suolo italico, la prima volta al San Diego Comicon fu un’esperienza per molti versi inedita.
Seconda volta negli USA, prima in assoluto alla famosa convention del fumetto a stelle e strisce, eravamo partiti con la stessa incoscienza e spavalderia dei nostri esordi in Italia. Beginners again, stavolta poi con le peculiarità di un pubblico molto simile ma anche molto diverso.
Con noi portavamo “Pigsty of the Caribbean”, la versione adattata in inglese di “Maiali dei Caraibi” e, come ai bei vecchi tempi andati, eravamo in tandem coi nostri amici de “La Borsa del Fumetto” di Milano, lì presenti con iniziative promozionali targate Libreria dell’Immagine.
Fu l’inizio di una miniserie distribuita in USA e UK da Diamond Comics nel corso di tutto il 2008. Gran bell’esperimento, divertente e impegnativo e chissà dove ci avrebbe portati se alcune piccole complicazioni e le loro marginali conseguenze non avessero incasinato la situazione quel “troppo” da imporci una pausa di riflessione. Ma tant’è.
In ogni caso, scavando nei nostri archivi, ecco che riesumiamo un diario scritto a caldo (dalla metà coi baffi dei Dentiblù) e mai compiuto. Però buffino, dai.
Buona lettura!
San Diego Comicon 2007
Non è un’esagerazione se dico che ho passato i mesi precedenti al luglio 2007 – 24 luglio, per l’esattezza – ad impararmi a memoria tutti i dettagli del San Diego Convention Center e dell’area che circonda quel tratto della West Harbor Drive.
Ore e ore su internet, cercando foto, girando e rigirando il modellino in scala di GoogleEarth, raccogliendo informazioni su viabilità e parcheggi per prevenire un incubo che poi invece ci sarebbe comunque stato.
O meglio, c’è stata quella serie di piccoli inconvenienti e fatiche che in precedenza avrei definito un incubo ma che, vissuti “in diretta” sotto il sole californiano, non erano altro che una serie di piccoli inconvenienti e fatiche, da sbrogliare uno per uno con un po’ di buona volontà e olio di gomito.
Era il primo pomeriggio (ovviamente col fuso orario “pacific time”) di mercoledì 24 luglio quando, a bordo della mia Taurus noleggiata da Herz, mi avvicinavo a quella famosa area che conoscevo ormai bene in teoria. E, a vederla, non era poi così diversa da come l’avevo immaginata: palazzi, palme, semafori e un sole dorato e abbagliante. Il navigatore mi aveva cannato impietosamente strada più volte, fra intricatissimi garbugli di corsie autostradali e svincoli vicinissimi fra loro, obbligandomi a forzose retromarce in zone del tutto aliene. In più, qualche deviazione in zona porto e l’ormai impellente bisogno di far pipì, smorzavano il già cauto ottimismo che riponevo nell’imminente evento diegano.
Secondo i fallibili piani del sottoscritto, bastava introdursi nel capiente parcheggio sotterraneo del Convention Center e da lì salire per qualche piano in ascensore. Peccato che già a 100 metri dall’ingresso di detto parcheggio, si vedesse campeggiare una serie di segnali di divieto d’accesso: “full lot”. Un “Don’t Panic” di adamsiana memoria era l’unica cosa a cui io e la mia vescica ci tenessimo aggrappati in quel momento, mentre il sole si rendeva ancor più complice di una già copiosa sudorazione. Per fortuna, a 400 metri, un parcheggio libero (se non dal dazio di 10 dollari) era la prossima speranza.
E così, sganciato il biglietto verde con la faccia del presidente Hamilton, mettevo finalmente requie al motore della Taurus, per iniziare l’anda e rianda lungo quei famosi 400 metri che, quel giorno e nei 4 successivi, sarebbero stati la mia più marcata eccezione a quella “car culture” di cui la California è imbevuta.
First step: un vespasiano. Vabbè, lasciando perdere le priorità corporee, il primo vero first step era impadronirsi del tavolinetto dell’area “Small Press” prenotato dal nostro amico Nessim Vaturi della Borsa del Fumetto. Ebbene, se Nessim sarebbe arrivato solo la notte successiva, il compito di ritirare la titolarità dello spazietto (e i 4 pass) era nostro. Leggi il resto »
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Un commento a “Questione di fenomeni”
Comprato ieri e devo dire che è davvero un bel fumetto. I disegni sono fantastici. Avevo timore per la storia ma l’ho trovata interessante. Idea a suo modo vecchia ma innovata e sviluppata bene. Ho un pò di amiche a cui consigliarlo ma credo che solo guardando la copertina mi schiaffeggerebbero senza nemmeno leggerlo (sigh!). Continuate così!